Covid-19, linguaggi e gratitudine
Sono toccata e infastidita dal linguaggio che molti hanno iniziato a usare per la situazione sanitaria che stiamo vivendo a causa del Covid-19: “Siamo in guerra, abbiamo un nemico ... abbiamo bisogno di armi per combattere...“ sono alcune delle espressioni che sento usare e che non so cosa dovrebbero mobilitare: la voglia di reagire o il patriottismo? O forse dovrebbero solo rendere lecito qualsiasi provvedimento di restrizione delle libertà che venga messo in atto?
A mio avviso è molto rischioso parlare in questi termini per due motivi:
1 le guerre ci sono davvero, e questo io non riesco proprio a sopportarlo. Solo in Siria per esempio sono morte 384.000 persone negli ultimi 9 anni di guerra ininterrotta, tra queste c’erano anche bambini, tanti tantissimi bambini. E nessun cantante gli ha dedicato due ore di musichette gratis o altre cose che vedo in questi giorni e che mi irritano un pochino.
2 il “nemico” sarebbe portato in casa dalle persone, amici parenti, colleghi, utenti. Quest’ultimo aspetto porta quindi a fare l’equazione persona=nemico, contatto umano=pericolo, ecco, non ne avevamo bisogno. Non avevamo bisogno di ulteriori distanze tra le persone, distanze fisiche e insieme emotive.
Semmai avevamo bisogno di costruire ponti, di avere meno paura del contatto autentico con l’altro, di saperci aprire agli altri.
Prendo atto che siamo in un momento difficile e mi adeguo come gli altri al distanziamento sociale per prevenire il diffondersi della malattia.
Non cerco polemiche, quando serve si fa ciò che bisogna fare.
Ma non posso evitare di sentire un brivido dentro quanto sento “distanziamento sociale”.
Quello che voglio dire è che bisogna prevedere un post-virus dove riempire la crepa che si sta creando.
Dobbiamo essere consapevoli di ciò che sta accadendo a livello psichico con l’utilizzo del linguaggio bellico.
Dobbiamo essere consapevoli di ciò che sta accadendo a livello intra psichico con la mancanza di ossitocina e degli altri ormoni connessi al contatto umano e alla relazione sociale.
Il nostro sistema psichico e fisico è in un grande stato di allerta, producendo ormoni dannosi al sistema immunitario e abbattendo il tono dell’umore, siamo in tensione e non predisposti alla relazione. Al tempo stesso siamo portati a diffidare degli altri e a pensare di doverci proteggere e chiudere. In tal modo non riceviamo alcuna ricompensa positiva (abbracci, compagnia, carezze) e perciò andiamo ancor più sotto stress.
Questo non riguarda poche persone isolate ma un intero paese! Milioni di persone. E andrà avanti per mesi.
Si sta creando una nuova area della nostra coscienza collettiva, e si sta muovendo un’antica area del nostro inconscio collettivo: quanto legato alla difesa, al nemico, alla guerra, all’isolamento.
Una volta acquisita la consapevolezza che sta accadendo qualcosa di rischioso per il nostro vivere sociale, per il nostro benessere psico-fisico, bisogna pensare a strumenti per elaborare tutto questo per restare nell’apertura alla vita, cioè nella salute mentale, fisica, sociale.
Impegniamoci quindi a usare un linguaggio che sia positivo. “fronteggiare l’emergenza, rivedere le priorità, costruire la salute, organizzare gli strumenti “ se vogliamo raccontare gli sforzi per rispondere all’emergenza sanitaria. Al posto di distanziamento sociale potremmo usare.... cosa usiamo? Vi chiedo di aiutarmi a trovare un nuovo modo dire per narrare la necessità di stare a casa e di non avvicinarci a meno di u metro dagli altri. A me viene mente “area di rispetto della salute”, “misura sociale di rispetto”.
E poi quando sarà tutto finito aspetto l’ultimo grande flash-mob di questa stagione: quello dell’abbraccio libero!
Lavoro con le persone: ragioniamo sul come fare comunità, oppure ragioniamo sul come essere buoni genitori, altre volte pensiamo alla capacità di aprirci mentalmente e fisicamente alla vita, all’altro, parliamo cioè di partorire e diventare genitori.
Sono ancora più motivata a continuare nelle mie pratiche di connessione tra esseri umani. Sono nella gratitudine per quanti credono in queste pratiche e per quanti mi aiutano a diffonderle. Sono nella gratitudine per quanti mi sono vicini.
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