Non erano i nonni a dover aiutare i nipoti?


In questi giorni marcati dal Covid-19, dalle misure di distanziamento sociale, dalle morti di tanti anziani, dal sistema sanitario in affanno, dalle scuole chiuse, sento emergere il pensiero che la nostra organizzazione sociale ha perso di vista un certo ordine delle cose.


Come responsabile di un centro per l’infanzia, il LED dell’associazione Mater Femina, mi sono da subito trovata ad applicare i decreti per contrastare la diffusione del virus Covid 19, così il 27 febbraio invece di rientrare dalle vacanze di carnevale, abbiamo tenuto chiuso. Il Veneto è stata la prima regione a chiudere le scuole a causa del primo decesso, avvenuto proprio nell’ospedale di Dolo, nel territorio in cui si realizzano le nostre attività educative. Inizialmente noi dell’associazione abbiamo accettato la chiusura che doveva essere di qualche giorno, poiché era capitato anche l’anno precedente di tenere chiuso per un’emergenza. Era per la terribile tempesta Vaia e le alluvioni conseguenti. 
A marzo non solo è stata prorogata la chiusura dei servizi per l’infanzia, ma è stata allargata a tanti altri servizi, fino al lock down totale che ancora stiamo vivendo oggi a fine aprile. Io lavoro a stretto contatto e collaborazione con i genitori. Le persone che mediamente si rivolgono alla realtà che gestisco sono particolarmente attente a temi quali la salute psicofisica, l’ambiente, la cura delle relazioni. In questo contesto qualche animo particolarmente sensibile ha subito visto quello che adesso vorrei fosse chiaro a tutti: i nostri bambini pagano il tributo più pesante. 
Lo pagano almeno due tre volte.
La prima volta lo pagano nella qualità della vita relazionale. 
Con la negazione delle relazioni umane. Relazioni con altri bambini, cioè tra i pari, che sono tanto importanti per sperimentarsi nel mondo, per acquisire la consapevolezza di sé e dei propri talenti, dei propri limiti e delle proprie risorse e di quanto ogni altro sia importante per la nostra crescita, per arricchire la nostra vita e per darle un senso. La negazione delle relazioni con altri adulti significativi, le maestre, le educatrici, i nonni, gli zii, e i genitori degli altri bambini che ci insegnano a sentirci parte di una comunità e non solo della nostra famiglia nucleare. Gli altri adulti significativi integrano le competenze dei propri genitori, che per quanto efficaci non sono onnipotenti, questi adulti danno l’opportunità ai figli di una comunità, di prendersi risorse altre, che potrebbero non sono presenti in un nucleo familiare, insegnando la lezione che “abbiamo sempre bisogno gli uni degli altri”. 
La seconda la pagano nella salute. 
Con la negazione del rapporto con la natura in cui con la nostra associazione crediamo tantissimo, si impedisce di attingere a una importante fonte di salute psico-fisica. Chi non si rende conto in modo intuitivo che si respira meglio in un bosco o in un prato, invece che per strada sopra l’asfalto o in mezzo ai palazzoni di cemento? La natura che è anche maestra di vita: ci insegna che l’ecosistema è da rispettare, come unico orizzonte in cui il futuro può essere vissuto nella salute e nel benessere per gli adulti e i piccini. Per i tanti bambini che vivono nelle città, negli appartamenti, o anche nelle zone residenziali che hanno appena una strisciolina di giardino intorno alla casa, c’è un grave danno. Sì, lo so i bambini si adattano. Apparentemente soffrono meno. 
La terza la pagano nel futuro, con il danno economico.
I nostri figli diventeranno adulti con uno zaino pesante, si troveranno sulle spalle non solo il debito dei loro nonni, ma anche quello dei loro genitori. Significa che pagheranno più tasse, o, più probabilmente, avranno meno servizi pubblici: scuola, sanità, strade, ferrovie. E avranno questo in un mondo dove molto probabilmente ci sarà meno lavoro perché le chiusure, a causa dell’attuale crisi economica, saranno parecchie. Al di là di MES o di Euro-bond, la crisi economica avrà dure conseguenze per noi genitori di oggi e si ripercuoterà su quanto le famiglie da una parte e lo Stato dall’altra,  potranno dare ai nostri figli.
Con le tasse della mia generazione, con il nostro lavoro, ormai derubato di tanti diritti, drasticamente impoverito nel potere d’acquisto dei propri salari, noi sottoccupati e precari,  ecco, noi stiamo pagando il mantenimento del sistema di welfare attuale. Quindi la sanità, i servizi socio-educativi e la previdenza sociale. E questo sistema è tutto incentrato sulla tutela delle generazioni precedenti. Provate a confrontare la copertura di case di riposo e quella degli asili nido e capirete subito.
La mia generazione di trentenni, quarantenni, cinquantenni, mantiene un sistema rivolto ad allungare la vita di persone che talvolta sono allo stremo delle forze,  persone che hanno almeno due, o addirittura tre, patologie contemporaneamente. Dovremmo interrogarci, fuori dalla crisi attuale se questo sistema è sostenibile e dignitoso. Non dobbiamo dimenticare che viviamo in un paese cattolico che non ha ancora normato temi come eutanasia e suicidio assistito. Siamo davvero sicuri che le persone di 85 anni che sono state portate in terapia intensiva, anche a causa di questo virus, lo avrebbero voluto? Tutte loro lo avrebbero voluto? Forse se avessero potuto scrivere per scegliere come esser assistite dopo una certa età o con certe patologie, forse non avremmo avuto le terapie intensive al collasso. 
So di sollevare un vespaio etico, ma non possiamo più rimandare queste discussioni. Questa crisi sanitaria ci dimostra che abbiamo temporeggiato anche troppo.

Ciò che mi chiedo è se siamo sicuri che le persone che vengono mantenute con un filo di vita in casa si riposo non siano il frutto di una speculazione. È rispetto per la vita, è cattolico amore della fragilità, o è speculazione finanziaria di un sistema assistenziale privato, o semi privato che è tra i più potenti e redditizi? Nel 2018 c’è sia stato un aumento della presenza sul mercato di investimenti privati sulle case di riposo, soprattutto in Lombardia. Sarà per beneficenza o per interesse imprenditoriale?
Quanto si guadagna tenendo in vita i “clienti” di una casa di riposo più a lungo possibile? 
Sembro cruda? Mi sembra molto più cruda la carneficina a cui assistiamo e che, è legittimo pensarlo, forse si poteva evitare.
Siamo uno dei paesi con la più lunga aspettativa di vita, ma non sappiamo da cosa è determinata, se da una effettiva salute o dal forzato mantenimento in vita di persone stremate. Abbiamo bisogno di una risposta a questi interrogativi. Arriviamo in media agli 82 anni di una vita che scegliamo di vivere nel pieno delle nostre facoltà? In molti casi probabilmente si. Ma in tanti altri casi forse no. 

Vorrei fosse chiaro che quanto stiamo facendo, nella terribile emergenza del Covid-19, per curare persone che se ne vanno a causa di una febbre, influenza, contagiosa sì, ma con una mortalità simile a tutte le altre influenze, sarà pagato da quei bambini a cui non si vuole concedere neanche una passeggiata fuori casa. 
Pagano i nostri bambini! E non vivono gli anni ‘60 con le iniezioni di liquidità degli USA, prestiti per tutti!, e neppure gli anni ‘70 e ‘80 con il sogno della piena occupazione. Diventeranno adulti nel 2030-40 pagando i sogni degli adulti della seconda metà del ‘900.
Sono sconcertata,  arrabbiata, amareggiata.
Mi commuovo per questi nostri figli a cui stiamo rubando il futuro. Se già noi facciamo fatica a costruirci una quotidianità, ad accedere a un mutuo, ad avere una stabilità lavorativa, mi chiedo cosa succederà loro in uno stato che non è già adesso in grado di investire in istruzione e sanità pubblica. Pagheranno un prezzo alto questo bambini, che non possono votare, che non possono scendere in piazza a contestare le scelte dei governi. Troppo facile così.

Ma non erano i nonni a dover aiutare i nipoti? Occorre ristabilire un certo ordine delle cose nella nostra organizzazione sociale. Occorre ripensare la solidarietà intergenerazionale senza ipocrisie. Dobbiamo farlo con urgenza. 


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