Che male c’è a demolire la fiducia nella scienza?
In questi giorni ho sentito parlare di scientismo, scientismo dogmatico per la precisione. Era davvero molto tempo che non sentivo questa parola! Probabilmente dai tempi del liceo, delle lezioni di filosofia. Secondo l’Enciclopedia Treccani “Scientismo, è [...] l’atteggiamento intellettuale di chi ritiene unico sapere valido, capace di risolvere tutti i problemi, di soddisfare tutti i bisogni dell’uomo, quello delle scienze fisiche e sperimentali, e svaluta quindi ogni altra forma di sapere, compresa la filosofia, che non accetti i metodi propri di queste scienze”.
Oggi quando si cita lo scientismo è per farlo nella sua accezione negativa, per denunciare il rischio di trasformare la scienza in una sorta di religione, qualcosa a cui credere ciecamente, in grado di spiegare ogni fenomeno della realtà.
Sento anche io questo rischio in generale nella nostra contemporaneità, in particolare ai tempi del Covid-19.
Per spiegarsi la realtà nella sua complessità, il genere umano si è sempre appoggiato a un qualche sistema di conoscenza. In tutte le civiltà poi, si tende a delegare a un determinato gruppo sociale la conoscenza. Nelle società occidentali si tende a delegare agli uomini e donne di scienza.
Ma la scienza può spiegare ogni cosa? Non credo. Non credo che l’attuale avanzamento delle scienze, compresa la medicina, possa spiegare ogni fenomeno e soprattutto non credo che le scienze possano dare indicazioni sempre utili all’umano bisogno di senso.
Desidero fare un esempio molto personale. Se avessi dovuto affidarmi al mainstream medico-scientifico presente in Italia negli ultimi anni rispetto all’ostetricia, non avrei dovuto partorire a casa il mio secondo figlio. Con un cesareo pregresso, per la maggior parte dei medici interpellati avrei forse potuto “tentare il travaglio di prova” (locuzione che in termini comunicativi veicola di per sè sfiducia e facilita il fallimento di questa “prova”). Eppure l’ho fatto, è stata un’esperienza di auto-responsabilità, di potere personale, di fiducia nella vita. Ed è andato tutto bene, più che bene, meravigliosamente. Questa esperienza è stata il frutto di una scelta informata, ho cercato di capire i miei bisogni profondi tramite un’indagine interiore lunga e seriamente meditata. Ho cercato informazioni da medici e professionisti sanitari facenti parte del mondo della scienza che però rappresentavano una minoranza, non erano mainstream.
Consapevole che questa è la mia personale esperienza e non ha nessun valore statistico generale, ciò che voglio testimoniare in questo racconto è che la scienza, o meglio il mainstream scientifico di un dato momento storico, non sempre è la migliore risposta ai bisogni di singole persone. Sì.
Perciò sono d’accordo con chi afferma che la scienza non abbia tutte le risposte. E convengo che ci siano dei limiti nell’atteggiamento di fiducia assoluta verso il mainstream in campo scientifico.
C’è un altro aspetto di cui dobbiamo essere consapevoli: la scienza può essere influenzata da interessi privati. Dove non sono gli enti pubblici a investire in ricerca scientifica, resta ampio spazio al privato che investe al fine di massimizzare il profitto, di seguire cioè la propria missione imprenditoriale. Ecco perché, quando i decisori appoggiano le loro scelte su studi scientifici dovrebbero rendere pubblici gli eventuali conflitti di interessi dei finanziatori degli studi. Anzi i dati sui finanziamenti degli studi dovrebbero essere sempre pubblici e accessibili, diciamo democraticamente raggiungibili. Ecco perché lo Stato non dovrebbe rinunciare a dare finanziamento pubblico alla ricerca scientifica. Ed ecco perché quando andiamo a votare dovremmo verificare i punti programmatici dei partiti sul tema “finanziamento pubblico della ricerca scientifica”. (Se non esiste un punto così chiamato sul programma di un partito forse non è buon segno.)
Diciamo quindi che la scienza ha diversi limiti: può essere influenzata da interessi privati, non può spiegare tutto e non basta a dare senso alla vita.
Ma tutto ciò basta a cancellare il valore della ricerca scientifica e dei paradigmi scientifici? La fiducia nella scienza, non può sostituire le decisioni individuali nè la politica. Non può neppure essere assoluta, slegata da considerazioni etiche, slegata da verifiche sui conflitti di interesse che rischiano di manipolare i risultati stessi delle ricerche. È vero, io sono d’accordo con chi afferma questi concetti, però esiste un sistema migliore? C’è qualcosa in cui possiamo affidarci di più in questo momento?
“È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora.” Questa la famosa frase di Winston Churchill che viene parafrasata così: la democrazia è un sistema imperfetto, ma è il migliore che conosciamo. Credo sia così anche per la scienza: la scienza è un sistema imperfetto di conoscenza ma ad oggi è forse il migliore che conosciamo.
Utili e sani sono i dubbi attorno ai suoi limiti. In tal modo manteniamo vigile lo spirito critico, la consapevolezza personale, la capacità di esprimere e argomentare il nostro punto di vista.
C’è certamente bisogno che il rischio dello scientismo sia mitigato dall’etica, dal pensiero politico o psicologico, da quello sociologico anche, e non ultimo dalla spiritualità. Tutte queste forme di conoscenza umana integrano la conoscenza scientifica, e hanno pari dignità dando riposte alle donne e agli uomini.
Detto questo continuo a chiedermi: è saggio demolire la fiducia nella scienza? Come uno potrebbe chiedersi: è saggio demolire la fiducia nella democrazia? E mi chiedo anche: qual’è il fine nel demolire la fiducia in queste due forme di agire umano?
Lo scetticismo, il pensiero critico, sono validissimi alleati della conoscenza umana, ma rischiano di trasformarsi in nichilismo. E il nichilismo può portare un senso di impotenza e frustrazione.
Allora sorge una tentazione, sulla spinta di rabbia e frustrazione, quella del voler distruggere e demolire ciò che non riusciamo a controllare, nel nostro caso, la scienza, o la realtà in generale. Come a dire “se non riusciamo a conoscere tutto, allora tanto vale non conoscere niente, se non riusciamo a capire quando la scienza è manipolata allora la rifiutiamo nella sua totalità”. Sembra quasi meglio restare ignoranti!
Hai hai hai! Ecco aperta la strada ad ogni forma di manipolazione.
Continuiamo a cercare la strada per rendere trasparente e democratico l’accesso alla conoscenza scientifica! È difficile lo so, ma possiamo farlo insieme, distinguendo con tanta pazienza i dubbi e le critiche legittime, dal nichilismo distruttivo.
Eugenia Fortuni
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